SIGNIFICATO
La prima produttrice di carta è stata la Natura. Per la precisione un
insetto: la vespa chartegus, originaria dell'America del Sud e solita
fabbricare nidi di solida carta.
Di origine giapponese, la parola
origami è composta dal verbo "oru" (=piegare) e dalla parola "kami"
(=carta) e viene comunemente usata per definire una tecnica manuale che permette
di realizzare figure e forme di ogni tipo mediante la piegatura di uno o più
fogli di tale materiale. "Kami" ha però un
significato ambivalente: nella sua pronuncia ha lo stesso suono della parola
equivalente al nostro "divinità". "Kami"
significa anche "superiore".
LA CARTA
La storia degli
origami va di pari passo con quella della carta, quindi ha inizio in Cina nel
105 d.C., quando venne ottenuta con l'impiego della corteccia d'albero. Nel 610
d.C. un monaco buddista esportò la tecnica per la realizzazione di tale
materiale in Giappone, il cui popolo contribuì a renderlo più morbido e
resistente usando il riso. In Occidente, invece, i supporti usati erano la
pergamena ed il papiro; l'apertura della prima cartiera avvenne a Fabriano nel
1267.
Considerato per anni un prodotto raro
e pregiato, la carta trovava il suo impiego nelle cerimonie religiose e nel le
occasioni importanti: con essa venivano preparate figure astratte il cui
significato era simbolico e rituale, la cui realizzazione era vincolata da
rigide regole note ad un ristretto gruppo di specialisti.
IL PERIODO HEIAN
Del periodo Heian
(714 - 1185 d.C.) è l'esemplare più antico di origami: un foglio pieghettato, il
cui compito era quello di coprire la bottiglia del saké posta sull'altare,
offerta propiziatoria durante le cerimonie religiose. Del medesimo periodo sono
i modelli stilizzati di una farfalla maschio (o-cho) e di una farfalla
femmina (me-cho), applicati al collo delle bottiglie di saké usate nel
rito augurale durante le cerimonie nuziali Shinto. Si usava (e si usa tutt'ora)
rappresentare la presenza della divinità all'interno dei recinti sacri dei
templi Shintoisti con corde sospese, dalle quali pendono strisce di carta bianca
piegate a zig-zag, dette "go-hei", al cui interno monaci e fedeli
scrivono brevi preghiere: profonda è la fiducia riposta nel vento che,
scuotendole, porta le parole alle orecchie degli déi. Nei templi buddisti,
invece, si trovano esposti veri e propri grappoli di gru. La carta, con il suo
candore simbolo della purezza, è considerata il mezzo perfetto per comunicare
con gli esseri divini. Altro origami frequentemente usato era il "sambo",
una specie di scatola realizzata per contenere le offerte di riso, sale e frutta
disposte lungo le scalinate che conducevano ai templi.
Verso la metà del periodo Heian l'arte
origami fece il suo ingresso nelle corti. Usata come pagamento per le tasse da
parte del popolo, la sua qualità veniva attentamente vagliata da funzionari
dello Stato. Alla Corte Imperiale la carta veniva ampiamente usata da nobili,
favorite e supplici, essendo la maggior parte delle comunicazioni diffuse per
iscritto e considerato indice di buon gusto piegare con raffinatezza una
lettera. I messaggi prendevano così la forma di fiori, farfalle, forme
stilizzate oppure astratte, ma sempre in sintonia con il contenuto del
messaggio, lo stato d'animo del mittente e la stagione. Esisteva tutta una serie
di "generi epistolari", ed un valido esempio è fornito da "le lettere del
mattino dopo", inviate dopo un incontro amoroso clandestino per rassicurare
l'amante riguardo il dolore provato al momento dell'addio e l'impaziente attesa
dell'appuntamento successivo. Quando uno dei due amanti non inviava tale
messaggio, era per far capire che non desiderava ripetere l'esperienza e,
automaticamente, la relazione era considerata conclusa. Compito della lettera "tre
righe e mezza", invece, era quello di ripudiare la moglie: la formula, lunga
appunto tre righe e mezza, metteva la consorte nella situazione di dover
radunare i propri averi e lasciare il tetto coniugale senza il bisogno di
ulteriori atti formali. Esistevano piegature speciali e note solo a pochi, usate
per documenti estremamente riservati i quali, se aperti, recavano tracce
visibili della violazione.
IL PERIODO KAMAKURA
Del periodo Kamakura
(1185 - 1333 d.C.) è il "noshi": tale parola è
l'abbreviazione di "noshi-awabi", una striscia di carne di mollusco
marino seccata al Sole, un alimento molto importante nel Giappone del Medio Evo,
la cui offerta era considerata un augurio di buona fortuna. L'innovazione
apportata dal noshi (il cui compito era quello di avvolgere tale alimento)
risiede nel fatto che, per la sua realizzazione, non è necessario ricorrere a
tagli, contrariamante ai modelli tradizionali.
Alcune famiglie inserirono nel loro
stemma degli origami, e ne rimane traccia nelle rappresentazioni sui kimono
risalenti a quel periodo. Il mantenimento della
tradizione dell'origami venne preservata tramandando oralmente le tecniche di
generazione in generazione fino all'inizio del XVIII secolo, quando vennero
realizzati i primi libri sull'argomento. I modelli presentati erano quelli
appartenenti alla tradizione: bamboline, decorazioni, gru, rane, scatole,
stelle.
L'OCCIDENTE
Il primo contatto
dell'origami con l'Europa avvenne tra il XVI ed il XVII secolo, trovando
entusiasti piegatori in Italia e Spagna. Il primo origami completamente europeo
fu spagnolo: la "pajarita", un passerotto che batte le ali se la sua coda
viene tirata. Nel nostro Paese in quegli anni si sviluppò un tipo di
plissettatura particolare, impiegata nella piegatura dei tovaglioli. I
prestigiatori ricorrevano all'origami per stupire il pubblico: nel 1700 gli
illusionisti con "Il Ventaglio Magico", composto da una larga striscia di
carta piegata a fisarmonica, incantava il pubblico grazie alla sua versatilità
nell'ottenere vari tipi di figure. Froebel, creatore del primo asilo infantile,
propose l'origami come mezzo creativo per sviluppare la coordinazione
psicomotoria dei bambini, mentre a Robert Habin va il merito di averlo diffuso
in Inghilterra.
Nel XIX secolo si ebbe uno sboccio di
creatività tra gli origamisti, con la realizzazione di modelli moderni,
raffinati e complessi. Nel 1958 Oppenheimer fondò a New
York l'Origami Center e dopo 10 anni nacque la British Origami Society.
ARMONIA E VIRTUOSISMO
Sono individuabili
due distinte scuole di pensiero: quella giapponese, che predilige l'armonia
delle forme e vede maestro indiscusso Akira Yoshizawa; quella occidentale, che
rivolge la sua attenzione alla complessità delle piegature ed in cui si
distinguono l'inglese Dave Brill e l'americano Fred Rohm.
Yoshizawa, che durante la Seconda
Guerra Mondiale lavorava presso una fabbrica di armamenti, lasciò il suo impiego
per dedicarsi completamente all'origami. Spiegò che non è solo il risultato
finale che conta, ma anche l'armonia dei propri gesti, il saper sentire con le
"orecchie del cuore", la sintonia con il divenire. Per molti anni il Ministero
degli Affari Esteri giapponese ha inviato Yoshizawa nelle altre nazioni per
diffondere l'origami come un messaggio di pace ed amicizia tra i popoli.
Akira Yoshizawa |